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    10.09.2018
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    Nascita di una formazione partigiana
    1973, di Ermanno Olmi e Corrado StajanoR.: Ermanno Olmi, Corrado Stajano; org.: Sandro Calosci; ricerche e documentazione: Giovanna Berogese; a.r.: Gianfranco Campigotto; op.: Elvidio Burattini; suono: Gianni Nordini; effetti spec.: Basilio Patrizi; testi letti da: Memorie partigiane di Nardo Dunchi, La guerra dei poveri di Nuto Revelli, Guerra partigiana di Dante Livio Bianco.Didascalia finale: «Non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere». (Giacomo Ulivi).Int.: Enzo e Riccardo Cavaglion, Dino Giacosa, Ugo Rapisarda, Nuto Revelli, Leo Scamuzzi e altri.Il filmIl film si apre nello studio dell´avvocato Duccio Galimberti a Cuneo dove Corrado Stajano introduce la ricostruzione di alcuni episodi degli inizi della Resistenza a Cuneo e dintorni. Queste ricostruzioni si accompagnano a interviste ad alcuni protagonisti dei fatti di allora. Dallo studio di Galimberti dove si organizzò il primo nucleo politico di partigiani, si passa a madonna del Colleto, sopra Valdieri, dove questi uomini si riunirono il 12 settembre. Si rievoca poi il dramma di Boves incendiato dai tedeschi per rappresaglia dopo aver trucidato 23 persone tra cui il parroco e il commissario prefettizio, bruciati vivi. ma il movimento partigiano non viene soffocato. Gli uomini di Madonna del Colletto si spostano a Paralup e poi in altre valli; altre bande sorgono, si rafforzano ovunque, si moltiplicano i colpi di mano e i sabotaggi come la distruzione del viadotto ferroviario di Vernante. Gli episodi ricostruiti e messi in scena si alternano alle testimonianze e alla lettura di brani di diari e memorie.[...]Prono: A proposito del modo in cui è impostato questo film, è stata una scelta tua quella di mescolare le testimonianze dirette e una certa ricostruzione?Olmi: Un´allusione alla fiction, semmai. Lo scopo è rievocare, con gli elementi a disposizione, la memoria ascoltata attraverso le testimonianze.... Devo dire che la suggestione deve nascere proprio dall´intensità che il racconto ha, per i fatti che rievoca. Ricordo che mentre giravamo nella piazza di Boves l´arrivo dei camion degli occupanti e l´arresto delle persone e del prete, c´era la gente che faceva ala come spettatori, tra cui il caro amico Nuto Revelli. E guardavano quella scena con un´emozione intensissima, al punto che Nuto ebbe quasi un malore, tanto era carica di forza rievocativa. Ma non tanto per la mia abilità di regista nel mettere insieme queste azioni, ma proprio per il dolore che ancora aleggiava su quelle case e su quelle persone.Prono: La scelta di illustrare questo episodio della guerra partigiana è stata direttamente tua?Olmi: In quegli anni Stajano e io ci frequentavamo quotidianamente, e avendo io un filo diretto con questi responsabili culturali (Milano e Fabiani), c´era una certa unità di sentimenti e di intendimenti, per cui qualche volta ci dicevamo: «Ma cosa possiamo fare, cosa dobbiamo fare?»Ricordo, per esempio, che per Radici della libertà eravamo nel periodo di elezioni e c´era un forte rigurgito di una fronda neofascista e noi ci incontrammo per caso a Milano a casa di Corrado Stajano. Io stavo preparando un film e parlando a questo incontro ci chiedemmo: «Ma è possibile che non possiamo fare niente? Mancano poche settimane alle elezioni e bisogna far sapere». E così, seduta stante, abbiamo deciso di fare questa cosa.Prono: E perché per Nascita di una formazione partigiana avete scelto proprio questo episodio della Resistenza nel cuneese?Olmi: Avevamo anche lì dei rapporti con il gruppo di Cuneo (Revelli e gli altri) e allora quando c´erano delle ricorrenze...[...]Prono: ...negli anni passati qualcuno diceva che della Resistenza se ne parlava anche troppo (e poi oggi cominciamo a pensare che forse se n´è parlato abbastanza). Tu pensi che oggi la Resistenza sia un tema che può ancora suscitare l´interesse di un uomo di cinema o di televisione?Olmi: Io credo, come dicevo prima, che la storia sia la fonte più utile per poterci intendere sul presente. La cosa importante, però, è riproporre la storia in funzione della necessità attuale; voglio dire che non possiamo pretendere che i giovani partecipino alla conoscenza di questi avvenimenti con il sentimento uguale a coloro che lo hanno vissuto. Solo riproponendo un fatto storico come effetto emblematico da collegare a fatti analoghi attuali, possiamo capire il valore della lettura storica degli avvenimenti.Prono: Quindi questa idea di cinema, di interesse per la storia e la divulgazione è ancora un tuo interesse attuale.Olmi: Certo. Che differenza c´è tra il nazismo e un certo razzismo? Se io oggi dovessi fare un film sui campi di sterminio, lo farei in modo completamente diverso rispetto a quello in cui avrei potuto farlo nell´immediato dopoguerra (se fossi stato già allora un regista). Oggi utilizzerei quegli avvenimenti storici in funzione dell´emozione che ora provo nei confronti di quel razzismo nazista di cui siamo ancora testimoni.Amaducci: Come è stata la lavorazione del film?Olmi: Bisogna dire che per fare questi programmi culturali, nonostante la grande considerazione che la Rai aveva in quegli anni, il budget era molto ridotto. Partivamo dunque, più sospinti da un sentimento di sincera convinzione, che non da una retribuzione adeguata. Per cui arrivammo, nel caso specifico, a Cuneo e a Boves, telefonavamo agli amici locali per trovare persone che potessero interpretare le parti dei soldati sbandati, i mezzi, i camion. Insomma tutti davano davvero una mano, e questo perché era ancora presente il sentimento di quella tragedia e tutti sentivano che dovevano in qualche modo collaborare, perché in quel modo partecipavano essi stessi alla costruzione della memoria storica della loro realtà.Non so se adesso. andando a Boves, può succedere la stessa cosa. Allora i ragazzi avevano ancora nell´orecchio i racconti dei padri, conoscevano quasi le persone che erano morte, conoscevano i sopravvissuti, vedevano ancora quasi intatti i luoghi in cui erano avvenute queste tragedie...Prono: L´elaborazione del film è stata dunque...Olmi: Corale e spontanea.Amaducci: Dunque non c´era una sceneggiatura.Olmi: No, andavamo allo sbaraglio: prima raccoglievamo le testimonianze, al tavolino di un caffè o attorno a un caminetto, dopo di che giravamo quelle parti apparentemente di fiction; dal racconto corale fra i testimoni passavamo al racconto corale nella rappresentazione di questi fatti.Prono: In fondo era un po´ una scrittura quotidiana che facevate in base alle testimonianze.Olmi: Esatto, senza però mai preoccuparsi di realizzare una fiction, una ricostruzione compiaciuta prima dell´emozione della memoria: quindi una fiction povera perché la memoria era già di per sé fortemente emotiva.(dall´intervista realizzata a Viareggio il 28 settembre 1994 da Franco Prono e Alessandro Amaducci, in Memoria, Mito, Storia, «I quaderni de il Nuovo Spettatore» n. 16, Ancr 1994)Gli autoriErmanno Olmi. Nato a Treviglio nel 1931 da famiglia contadina, si trasferisce giovanissimo a Milano per impiegarsi presso la EdisonVolta: ne organizza il servizio cinematografico dirigendo - tra il 1953 ed il 1961 - una trentina di documentari, tra i quali La diga sul ghiacciaio (1953), Tre fili fino a Milano (1958), Un metro è lungo cinque (1961). Nel frattempo, debutta nel lungometraggio conIl tempo si è fermato (1959), ove si narra dell’amicizia fra uno studente ed un guardiano di diga, nell’isolamento e la solitudine dell’alta montagna; un biennio più tardi, conquista i favori della critica con Il posto, sulle aspirazioni di due giovani alle prese con il loro primo impiego. L’attenzione al quotidiano, alle cose minute della vita, viene ribadita nel successivo I fidanzati (1963), vicenda d’ambiente operaio. È poi la volta di ...E venne un uomo (1965), biografia di Giovanni XXIII non inficiata da tentazioni agiografiche. Dopo un periodo contrassegnato da lavori non del tutto riusciti (Un certo giorno, 1968; I recuperanti, 1969; Durante l’estate, 1971; La circostanza, 1974), il regista ritrova l’ispirazione dei giorni migliori nella coralità de L’albero degli zoccoli (1977), Palma d’oro al Festival di Cannes. È dell’82 Cammina cammina, ove si recupera nel segno dell’allegoria la favola dei Magi; segue una grave malattia, che lo terrà a lungo lontano dagli schermi, ad Asiago. Il rientro avviene nel 1987, con il claustrofobico ed angoscioso Lunga vita alla signora!, premiato a Venezia con il Leone d’argento; quello d’oro, egli lo otterrà l’anno seguente con La leggenda del santo bevitore, lirico adattamento - firmato da Tullio Kezich e dal regista medesimo - d’un racconto di Joseph Roth. Dopo il documentario Lungo il fiume (1992), gira La leggenda del bosco vecchio (1993) tratto da Il taglio del bosco di Buzzati ed interpretato da Paolo Villaggio. I suoi ultimi lavori sono Il mestiere delle armi (2001) e Cantando dietro i paraventi (2003), entrambi di ambientazione storica.Corrado Stajano. Giornalista e scrittore italiano. Si è occupato dei grandi eventi politici e culturali che hanno attraversato la storia italiana dal dopoguerra ad oggi, in veste di collaboratore e redattore di numerose testate giornalistiche e come autore di programmi televisivi. In particolare la sua attenzione si è rivolta all´analisi della strategia della tensione e della collusione tra mafia ed ambienti politici. È stato inoltre parlamentare nella XII legislatura. I suoi libri sono contraddistinti dal rigore del saggio e dall´efficacia di rappresentazione della narrazione autentica. Con Promemoria nel 1997 ha ottenuto il premio Viareggio. Lo scorso giugno 2003 si è dimesso dal «Corriere della Sera» dopo sedici anni di collaborazione. Tra le sue opere ricordiamo: La forza della democrazia. La strategia della tensione in Italia (1969-1976), Africo (1977), Una cronaca italiana di governanti e governati, di mafia, di potere e di lotta (1979), Il sovversivo (1992), Il disordine (1993), Un eroe borghese (1995), Il promemoria (1997), Ameni inganni, con Gherardo Colombo, (2000), Patrie smarrite. Racconto di un italiano (2001).http://www.ancr.to.it/old/T...

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